Raccolte di Poesie
“LAGGIU’ LA STREGONIA”, raccolta poesie, 2005, pagg. 101, €10,00
Manni Editore Quarta di “Laggiù la stregònia” Il tono battente e sillabico con cui viene raccontato un mondo di affetti e di figure è un modulo che trova la sua giustificazione, il suo imprinting, una linea ben personale e individuabile. Giuseppina De Rienzo comprime e incanala una immaginazione lussureggiante, una florescenza che viene repressa a colpi di maglio. Parole spezzate nel verso, squarci su tela. Disposte in fila, in riga, e mosse come sequenza di cinema, arrivano cariche di tutto il peso che esse portano nella storia personale, nei ritmi di vita, nelle pose del quotidiano. Pietra e piuma, sono immagini di lacerazione, confessione, rivolta, vendetta, dall’evocazione del fantasma d’amore:”la tua ombra allo sbarco/ è/ scala/ in pietra/ solo per un momento/ piana” , alla onirica figura materna:” ti indosso/ ogni mattina/ come un cappotto/ e via”, a una presenza animale con bagaglio e profili umani: “stanotte ho baciato un cane”. La materialità scissa, frantumata della versificazione è il possibile/impossibile ricongiungimento con la corporeità, la fisicità delle situazioni: “scrivere/ è certo/ un modo di rinunziare/ al corpo”. Così, perfino la pallida stregònia, dimessa pianta mediterranea, che nella visione poetica si cambia in un violento bluastro, diventa nuova e invalicabile barriera, ultimo confine tra un reale conosciuto e temuto, e un altrove sognato, ma altrettanto portatore di timori. A mia madre“Ti indosso ogni mattina come un cappotto, e via. Più largo lungo almeno due taglie infilo una a una le braccia nelle tue. Accetto la tua gonna a pieghe, il tuo passo forte. Anche la rabbia.”
RecensioniFrancesco De Core – Il Mattino – 16 06 2005 Francesco Durante – Corriere Del Mezzogiorno – 12 06 2005 Davide Morganti – La Repubblica – 09 07 2005 Francesco de Core La poesia come emozione pura, ritorno alle origini della parola. E qui, nei versi scabri che rotolano gli uni sugli altri, le parole sono dense e fluide insieme, comunque uniche, taglienti come colpo di pennello netto. Giuseppina De Rienzo – nel suo ultimo lavoro poetico, Laggiù la stregònia (Manni editore, pagg. 101 euro 10) – le mette in fila, le lascia in riga, le muove e le plasma come sequenza di cinema, ne adotta tutto il peso che esse portano nella storia personale, nei ritmi fluenti di vita, nelle pose del quotidiano. Parola come lacerazione, urlo e vendetta, pietra e piuma; parola che rimbalza dentro, nelle viscere e nell’anima tra un ricordo materno che muove a sogno e una presenza animale che ha umana corposità. Laggiù la stregònia è dunque percorso, tragitto, esperienza e ferita: ha sangue di rivolta nella confessione che, al di là di ogni lucida passione e ragione, l’autrice ci fa vivere, in presa diretta. Come sussulto, aritmia a occhi chiusi e cuore aperto: «A me spettano pezzi / bocconi / coni d’ombra / zoomate scampoli / aria / vite a squarci». L’esistenza è fatta di salti, ma va presa tutta, trangugiata nel segno della passione e della sofferenza: «Azzardo / inseguire le cose per intero / coglierle piene / bere / d’un fiato il dolore / così ho vissuto (non ho detto amato) / fino all’ultima goccia». Anche i rapporti vibrano di una intensità che la De Rienzo – mai come in questa raccolta (avendo già sperimentato anni fa la forza della poesia in Eri tu il cavallo) – cava, cerca, ripone nelle parole: «Meno male / hai lasciato gli occhi / nell’acqua / a sprazzi / posso vederli la mattina / vapori oltre la scogliera». Gli affetti, i sentimenti sembrano condensati, eppure esposti mai velatamente. Anche l’effetto straniante della natura è specchio delle inquietudini. E irrompe la stregònia, pianta mediterranea, diffusa e spontanea: «Di qua / rosmarino / gallinetta comune / laggiù / acanto spinoso / lavanda selvatica / stregònia». Come se proprio queste piante che sorgono nei posti più impervi potessero in qualche modo restituire sollievo a chi le guarda. La natura rivela e si rivela. E i versi succhiano quella linfa. Napoletana di nascita, ma procidana per adozione e passione, la De Rienzo sembra proprio cucire addosso all’isola – cui ha anche dedicato uno splendido libro fotografico – il senso che le è proprio, la lucida emozione e l’incanto mai domato, trovando il conforto del rifugio ma pure l’integrità di emozioni altrove rapprese, o comunque scolorite. Il libro è anche un viaggio tra corpi veri e artefatti (il manichino non è messo a caso in copertina) e nel fitto reticolo dei ricordi (struggenti sono i versi dedicati alla figura materna, la cui presenza è palpabile persino negli abiti dismessi). E c’è un filo rosso che collega la poesia alla prosa, la stregònia alla scirocca (protagonista dell’ultimo romanzo): la De Rienzo conferma così di saper toccare corde, in profondità, spesso inaccessibili. (Il Mattino, 16/06/05) Francesco Durante (Corriere Del Mezzogiorno, 12/06/2005) La Fame di versi con parole a nudo C’è ingordigia di silenzi nelle poesie di De Rienzo, con parole spellate e gettate sulla pagina dopo aver attraversato uno spazio che cerca vie di fuga. Immagini e dolori, arroventati da una “pura inclinazione alla razzia”, istinto primordiale che deriva dalla fame. L’autrice vi fonda una poetica con cui affrontare la polvere degli incontri e le parti malate della vita, poi i riposi improvvisi: “mangio al buio in cucina e finalmente capisco mio padre la sua resistenza da cane l’insensata capacità di aspettare”. Versi che si spezzano come capelli, procedono sfilacciandosi come per deragliamento, ma con la robustezza delle ossa che reggono il vuoto della pagina e la disperazione di un lento svestirsi alla finestra, nella speranza che qualcuno noti le nudità: “per questo apro l’armadio e ti faccio guardare per una sola notte”. ( La Repubblica, 09 07 2005) |
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“Fuoco. Terra. Aria. Acqua” – Terra d’ulivi Edizioni, 2017
“Forse l’inferno salva”.
“Aria dissalata i mie pensieri di carta travasano fuoco fresco. Misteriosa bestia rossa alle spalle, ingorda forse d’amore o di scrittura non cambia l’eterno mio stare alla finestra”.
Recensioni:
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Da “La Freccia e il cerchio”: Annuale internazionale bilingue ( italiano/ inglese) di filosofia, letteratura, linguaggi.2017.
“Il pensiero è una freccia. Il sentimento è un cerchio” ( Marina Cvetàeva)
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Da “La Polvere e la Luna: I poeti del 23 novembre” di Paolo Saggese, Delta 3 edizioni, 2010.
Fantasmi Fantasmi velano l’aria hirpini a grappoli fiere essenze eserciti di apparenti figure film a doppia pista presto hirpini |
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